Un incontro con Ruthy Alon
Articolo di Nancy Wozny, traduzione italiana di Daniela Agazzi
Ruthy Alon ha partecipato alla prima formazione del Metodo Feldenkrais. Adesso, a circa 70 anni, Ruthy è considerata una degli insegnanti più creativi del Metodo. Ruthy ha sviluppato il suo lavoro personale, che ha chiamato Bones for Life®. Il suo lavoro è pieno di creatività. Io ho avuto l’opportunità di incontrarla via e-mail in questo gennaio quando stava insegnando in Nuova Zelanda.
Nancy: Quale ricordo hai della prima impressione di Moshe Feldenkrais?
Ruthy: Io arrivai in via Alexander Yanai, in un enorme stanzone di un edificio che era usato per le prove di una compagnia di danza yemenita. Vidi molte persone sdraiate sui materassini intensamente impegnate nel non fare nulla. Una voce arrivava dal soffitto (era un registratore a bobina). Moshe era seduto da un lato, ma io non sapevo chi fosse. Infatti, rimasi là per lungo tempo prima di capire che lui era l’insegnante. Fermò il registratore e chiese a qualcuno di fare una dimostrazione. Moshe ebbe un buon momento quando trovò un ingegnere e lo mise sulla graticola perché non distingueva la destra dalla sinistra. Credo che siano passati almeno due anni prima che io gli parlassi personalmente per la prima volta. In quel tempo deve aver avuto circa sessant’anni, che a me sembrava molto vecchio.
Nancy: Come avvenne che Moshe Feldenkrais entrò nella tua vita?
Ruthy: Io ero madre di due bambini e andavo ad una classe serale nel kibbutz dove vivevo vicino ad Haifa. Il nostro insegnante di ginnastica stava studiando nei primi gruppi di Moshe ed io sentivo il nome ‘Feldenkrais’ venire fuori continuamente. Feldenkrais ha detto questo e Feldenkrais ha detto quello…. Dopo che avevo finito l’esame di maturità, sentivo che in realtà non avevo imparato niente che avesse coinvolto il mio cuore. Quando tornai a casa dalla mia famiglia vicino a Tel Aviv, iniziai a cercare questo ‘Feldenkrais’- come una intuitiva necessità. Mi ci volle parecchio tempo perché l’insegnante di ginnastica femminile locale, che aveva studiato con lui, mi disse che era solo per insegnanti di ginnastica. Ma io non mollai e lo trovai nell’elenco del telefono. Lui sembrava essere molto importante e non troppo caldamente accettò che io andassi alla sua classe. A quel tempo nessuno poteva immaginare che questo sarebbe diventato una professione che altre persone potevano imparare a svolgere. Mi sono chiesta molte volte: come ho fatto a intuire che sarebbe stata la mia strada il portare avanti tutto questo? Ho capito che ho avuto la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto, ma anche sentivo senza parole chiare il valore reale di questi movimenti al pavimento. Quando ritornavo a casa ero una persona migliore, più paziente ed aperta.
Nancy: Ricordo che mi dicevi che ti ci è voluto un po’ di tempo per entrare davvero nel lavoro e per ‘acchiapparlo’. Come descriveresti questo processo per ‘acchiapparlo’? E’ stato una comprensione improvvisa, una specie di illuminazione, un ‘Ah-ci-sono’ oppure si trattava piuttosto di un processo graduale come un fuoco lento?
Ruthy: Cominciai a capire nel periodo della formazione sebbene la formazione mi abbia portato più domande che risposte. E ancora di più quando iniziai ad insegnare. Iniziai con un seminario di un mese di ATM (o CAM, classi di Consapevolezza attraverso il movimento) a Boulder, Colorado, con 50 persone. Molti di loro sono Trainers Feldenkrais adesso.
Ho cominciato ad insegnare al livello di comprensione che avevo in quel momento e successivamente ho chiarito il mio punto di vista e la mia prospettiva. Questo è quello che dico ai miei studenti: il metodo non è solo informazioni che vi vengono trasmesse. Avete bisogno di elaborarlo con il vostro sistema come un’ape digerisce il nettare e lo trasforma in miele. ‘Acchiapparlo’ è quando tu fai il tuo proprio miele. E Moshe ce lo disse in modo molto esplicito ‘Ognuno di voi lo scriverà nella propria calligrafia’. Mi rende triste vedere come si interpreta il metodo nel format del percorso educativo del training e abbiamo perduto l’apprendimento della maestria.
Nancy: C’è qualche aneddoto preferito che coinvolge Moshe, te e il suo lavoro?
Ruthy: Andai da Moshe dopo essere stata in America. Mi mostrò un pacco di lettere e disse che le persone si complimentavano con lui per avermi insegnanto ad insegnare il suo metodo. Io gli dissi che le persone volevano registrare le lezioni. E gli chiesi se era d’accordo. Mi chiese di portargli una dimostrazione.
Quando tornai con un nastro registrato lui ascoltò per circa mezzo minuto e disse ‘Questo non è inglese’. Così tornai a casa e feci scrivere e revisionare tutto da un esperto e tornai da lui. Fu una bella esperienza a casa di Moshe e lui era estremamente gentile e delicato.
Lesse alcune righe in cui io parlavo del trattenere il respiro come di un meccanismo di emergenza che diviene parassitario quando la situazione è meno minacciosa. Si fermò e disse ‘Questo non è vero: quando il leone ruggisce la gazzella trattiene il respiro così può reagire in un attimo per essere in grado di correre velocemente’.
Così andai a casa a correggere il mio errore e gli portati la versione corretta. Lui la lesse e disse ‘No, quando il leone ruggisce la gazzella si paralizza così che il leone abbia qualcosa da mangiare.’
Moshe mi dette il permesso di fare le registrazioni. Qualcuno nella formazione di San Francisco si confrontò con lui su questo chiedendo ‘Perché permetti a Ruthy di fare il tuo lavoro con la sua voce?’ Egli rispose ‘Io voglio che i miei studenti siano indipendenti.’
Nancy: Di cosa sarebbe orgoglioso se fosse vivo oggi?
Ruthy: Moshe aveva la visione di insegnare all’intero pianeta da un satellite. Sapeva che chiunque nel mondo ne avrebbe tratto beneficio. Disse che si poteva applicare a qualsiasi altro apprendimento umano, non solo al movimento. Io personalmente mi trovo a mio agio a trasporre i suoi principi nel mio lavoro di Bones For Life dove si esplora la pressione elastica nella verticalità. Credo che abbiamo bisogno di dare maggiori spiegazioni, ed usare l’entusiasmo degli insegnanti per condividere e inoltre rendere più facile per loro il divenire trainers. Sembra che siamo condizionati dalla paura e che non ci muoviamo come potremmo e come insegnamo.
Nancy: Come insegnante hai avuto un ruolo fondamentale nel trasmettere il lavoro alla generazione futura di insegnanti. A cosa pensi durante il primo giorno della formazione?
Ruthy: Il primo giorno è il più duro. Le persone giungono allo sconosciuto – un grosso impegno in un momento di ignoranza. Io parlo poco ma subito all’inizio desidero che essi sentano questa alchimia dei loro organismi che cambiano nella loro percezione mentre migliorano le proprie capacità. Uso molti mini-processi di 5 minuti che sono davvero significativi. L’intera atmosfera si illumina e le persone sono ispirate. Anche li avviso che il cambiare le abitudini vecchie ma sicure può far emergere molte resistenze simili ai modelli ai quali facciamo resistenza nella vita. Così sanno che quando gli succede non si devono sentire a disagio riguardo a sé stessi o maledire il movimento o l’insegnante.
Nancy: Cosa avresti fatto se non avessi incontrato Moshe Feldenkrais?
Ruthy: Se non fosse esistita questa persona unica che era Feldenkrais, noi saremmo tutti a fare fatica a livello dello Yoga, del Pilates e del resto. Io personalmente sarei stata una casalinga, un po’ frustrata, in cerca di qualcosa di soddisfacente. Avevo realizzato a maglia alcuni abiti che andarono ad una manifestazione di moda con tutti i più importanti designers israeliani in giro per tutta l’Europa e negli Stati Uniti. Ricordo che ero a San Francisco al mio primo seminario, quello in cui Fanck Wildman e Dennis Leri incontrarono per la prima volta Feldenkrais. L’organizzatore della manifestazione di moda mi chiamò per andare al Fairmont Hotel. Quando i miei abiti realizzati a mano apparvero sulla passerella fermarono la musica e mi chiesero di alzarmi per parlare. Chiesi all’organizzatore se avessi dovuto spiegare quello che stavo realmente facendo a San Francisco, ma disse ‘No, no, parla solo dei vestiti.’
Una volta in Israele il mio abito da sposa era in televisione e tutti i miei vicini furono molto colpiti, così il fatto che stavo già insegnando Feldenkrais non fu notato per anni. Questo è il nostro compito principale – cambiare il criterio del pubblico su ciò che è realmente importante nella vita.
Nancy: Tu sei stata molto prolifica nello sviluppare nuovo materiale, e ora il tuo programma Bones For Life ti ha portato in una nuova direzione. In che modo l’eredità del lavoro ci da il permesso di forgiare i nostri percorsi e di essere incisivi col nostro contributo?
Ruthy: Moshe disse ‘Se sai cosa fai, puoi fare ciò che vuoi.’ Quindi la cosa principale è fare quello che vuoi e la consapevolezza di conoscere il come è lo strumento. Io faccio l’esempio dell’allungare il braccio per puntare il dito alla luna. Ma alcune persone tengono gli occhi sulla mano e non puoi spostargli gli occhi dal dito verso la luna: solo loro possono farlo. Per me Moshe ci ha insegnato le dinamiche della creatività e non solo delle idee diverse.
Nancy: Tu hai sviluppato del materiale con il tuo marchio registrato – Bones For Life. Come vedi la relazione tra il Metodo Feldenkrais tradizionale e Bones For Life?
Ruthy: Moshe ha iniziato col judo, l’efficacia ultima in tempo reale e nella realtà del campo gravitazionale con un partner imprevedibile. Ha creato per noi un laboratorio per migliorare la coordinazione con il proposito di imparare a sviluppare maggiormente il nostro potenziale. La sua passione era di guidare gli uomini occidentali in modo che i processi di ATM li portassero a perfezionare loro stessi piuttosto che ad imitare per un tempo infinito il maestro senza comprendere le chiavi. Il contesto perché possa avvenire l’illuminazione corporea del Feldenkrais è da sdraiati al pavimento, liberi dalla gravità e dal giudizio sociale, con il permesso di seguire lo stile e il ritmo individuale per ciascuno. Ora quando io vado ad applicare i principi dell’apprendimento del Feldenkrais a Bones For Life c’è un bisogno significativo di interagire con la gravità con una pressione ritmica ed elastica. Ho bisogno di ricreare una condizione di serra diversa per l’apprendimento. Uso un muro come supporto e per l’allineamento così come il pavimento sostiene e allinea. Aggiungo una imbragatura (sette metri di stoffa) come un prestito di integrazione. Questo è quello che stiamo facendo nella Integrazione Funzionale (IF): diamo alle persone un assaggio di un modello più ideale.
Sono sorpresa di come funziona bene Bones For Life. Io uso un auto-tocco, come portare la nocca del dito indice piegato tra i denti per tirare avanti e poi creare resistenza col collo, che va indietro allineando la testa sulla spina. Quando aggiungiamo a quella posizione un movimento globale, come camminare sul posto, l’allineamento del collo viene rinforzato. E’ una specie di scorciatoia per una buona postura che è necessaria per sostenere le funzioni che richiedono forza.
Provare per credere. I test della densità ossea di un gruppo che ha praticato una volta a settimana per 3 ore e mezza per 4 mesi a Tel Aviv mostrano miglioramenti sorprendenti.
Ci vorrà del tempo prima che nella nostra cultura potremo avere valori misurabili per la qualità e l’armonia. Almeno le ossa possono essere facilmente testate. Naturalmente con ogni ATM miglioriamo il potenziale per il movimento dinamico ma le ossa necessitano di questo stile di movimento, su una base regolare, che sosterrà il naturale meccanismo di nutrimento delle ossa. Il rivoluzionario nuovo modello che otteniamo con le ATM ha bisogno di essere ripetutamente applicato nella verticalità per fare la differenza.
Nancy: Ti trovi nel pieno della scrittura del manuale di Bones for Life. Come sarà?
Ruthy: Il manuale descriverà ciascun processo in dettaglio con una breve introduzione della prospettiva funzionale. Si tratterà di tre testi, uno per ciascun segmento di Bones For Life. Nella formazione che tengo in Italia trascriviamo il materiale come parte del corso e gli studenti avranno il testo di ogni segmento. Ci sarà la descrizione di più di 100 processi. Ho abbastanza materiale per il primo testo in inglese. Quando ritornerò dalla Nuova Zelanda e dall’Australia, lo finirò.
Nancy: Se tu potessi rivivere di nuovo la tua vita Feldenkrais faresti qualcosa di diverso?
Ruthy: Un giorno quando lo andai a trovare a casa sua, lui mi chiese di salire su una scala e prendere giù un pacco di fogli gialli. Mi chiese di leggere. Era il manoscritto di The Potent Self1. Stavo leggendo e ammirando quando impulsivamente dissi ‘Perché non lo pubblichi?’ e lui disse che era perché non aveva ancora completato l’ultimo capitolo. Io continuai ad insistere ma lui se ne venne fuori con ogni tipo di scusa e compresi che gli stavo procurando frustrazione così lasciai perdere. Ma mi ricorderò per sempre quelle pagine gialle scritte a macchina di 40 anni fa.
Quando la formazione di San Francisco si concluse c’era una grande cena in un hotel enorme organizzata da Bill Callison. A questa cena c’erano tutti i principali esponenti del congresso di psicologia e Jane Houston parlava e diceva ‘Moshe, tu sei lo Yoga dell’Occidente’. Ero seduta al tavolo di Moshe. Da un lato c’era Werner Erhard, il fondatore di EST2, e dall’altro lato il console israeliano in San Francisco.
Pensavo che fosse il momento giusto per me per dare un riconoscimento a Moshe per aver avuto quelle idee avanzate 40 anni fa. Mi alzai e disse che Moshe aveva quelle idee già 40 anni fa. Le persone risero. Stavo in piedi dietro Moshe e la sua presenza era sovrastante. Mi sedetti e poi capii che non avevo detto la cosa più importante e cioè del libro a fogli gialli. Mi sentii malissimo. Il giorno successivo iniziò il congresso.
Jean Houston parlava del terzo centenario degli Stati Uniti con tutti i nuovi messaggi dei metodi New Age, nominandoli uno per uno, senza mai menzionare Feldenkrais. Sapevo che lui era nel pubblico e potevo immaginare come si sentiva e quindi capii quello che mi era successo la sera prima.
Quando tornai in Israele andai al suo studio per le Integrazioni Funzionali in via Nachmany e gli dissi che intendevo dargli un riconoscimento ma che egli si ripeteva in quel suo atteggiamento di non avere fiducia che il mondo lo avrebbe riconosciuto, e forte nella sua presenza come era, suggestionava le persone rendendole incapaci di esprimerlo. Forse era successo anche a Jane Houston.
Fu la prima volta in cui dissi qualcosa a Moshe che lui non aveva immediatamente messo alla prova e semplicemente si era messo a pensare. Il mio desiderio è che io possa aver ricevuto il messaggio attraverso di lui e che adesso il mondo lo riconosca sempre più come la migliore qualità di apprendimento universale di quello che è più importante per ciascuna persona – cioè come il suo corpo la sostiene per essere ciò che desidera essere.
Nancy: Se tu dovessi distillare il lavoro Feldenkrais in una sola frase che rappresenti la sua essenza, che cosa diresti?
Ruthy: Per me, il Feldenkrais riguarda il risvegliare l’organismo ad usare in pieno le proprie risorse, a non accettare il compromesso ed invece a creare soluzioni di miglioramento. La consapevolezza, i modelli evolutivi, le variazioni, l’approccio non abituale sono tutti strumenti per risvegliare il nucleo che ha il potere.
Nancy: Quando vedo la tua foto che ti rappresenta mentre salti immediatamente penso alla tua leggerezza e profondità. Ruthy, grazie per avermi incontrato, mi hai donato una vera ricchezza di saggezza, conoscenza e storia. Come sempre, è una gioia passare del tempo con te e apprezzo la tua gentilezza nel condividere le tue molteplici esperienze con la comunità somatica. Ti auguro di completare il tuo manuale e ogni tua futura avventura creativa, qualsiasi essa sia!
Note
1 Traduzione italiana: Moshe Feldenkrais, Il Metodo Feldenkrais – conoscere se stessi attraverso il movimento, RED edizioni, 2003 (nota del traduttore)
2 EST - Ehrard Seminars Training. (nota del traduttore)
L'originale inglese di questo articolo è stato pubblicato il 4 maggio 2005 dall’autrice Nancy Wozny sul suo blog The Motion Potion Reading Room http://motionpotion.blogspot.com/2005/05/ ed era anche apparso sulla rivista americana Somatics.
Traduzione di Daniela Agazzi, per www.ProgettoFeldenkrais.it, gennaio 2011. Si permette l’uso del testo completo o parziale di questa traduzione con l’unica richiesta di citare la fonte, sia dell’originale che della versione italiana.